Possiamo parlare di tracce di vita umana nel territorio dell'attuale Romania già 600.000 anni fa grazie a reperti archeologici risalenti a quel periodo come la ceramica di Cucuteni (Iasi) di cui oggi il Museo del Palazzo della Cultura di lasi nè conserva alcuni esempi o come le statuette di pietra Il pensatore e sua moglie scoperte ad Hamangia (Constanta) ospitate oggi presso il Museo Nazionale di Storia e Archeologia di Bucarest. A partire dal secondo millennio a.C. questa zona divenne teatro di numerose invasioni soprattutto da parte di gruppi di truci provenienti da nord-est che con il passare del tempo si fusero con le popolazioni autoctone dando vita così ai goto-davi, i più antichi antenati degli attuali romeni. Perfino il grande padre della storia Erodono li descrisse come il popolo più valoroso e giusto dei traci. Stanziati lungo il Danubio e nelle zone collinari ricche di giacimenti minerari, diedero prova di grande abilità nell'estrazione mineraria (soprattutto oro e sale), entrando in proficuo contatto con popoli anche lontani. Fondamentale a tale proposito fu la fondazione delle colonie greche sul Mar Nero di Histria (oggi una grande zona archeologica visitabile), Tomis (l'attuale Constanta) e Kallatis (l'attuale Mangalia).
Tra i grandi sovrani di questo popolo si distinse per la sua personalità Burebista (70 a.C - 44 a.C.), il quale riunì sotto la sua autorità le regioni tra i Carpazi, il Nistro e i Balcani creando uno stato potente con capitale a Sarmisegetusa, famosa per le sue mura di cinta, erette secondo la tecnica del "murus Dacicus". di cui oggi né è rimasto un esempio vicino alla città di Hateg. Ben presto le espansioni dei Daci cominciarono ad infastidire il confinante impero romano già da tempo interessato ad impadronirsi delle ricche miniere d'oro e così nel 106 d.C.; Traiano sconfisse lo stato dacico comandato da Decebalo nella battaglia a Sarmisegetusa, così significativa da meritarsi in suo onore la famosa colonna Traiana oggi visitabile a Roma nel Foro Romano di cui è stata fatta una perfetta riproduzione sita nel Museo di Storia Nazionale di Bucarest. Oggi portano testimonianza di questo periodo oltre alla colonna anche il monumento di Adamclisi, le rovine del ponte di Drobeta.
Da questo momento la Dacia diventò una provincia romana e per 170 anni (106-275 d.C.) l'impero romano segnò in maniera indelebile questa parte dei Balcani, introducendo strutture amministrative, giuridiche e militari, costruendo strade, centri urbani, terme e scuole, sviluppando l'artigianato e il commercio. Ma soprattutto marcando la lingua e la cultura con una forte matrice latina, grazie anche alla penetrazione del Cristianesimo per opera di tanti predicatori fra cui l'apostolo S. Andrea di cui oggi possiamo ancora visitarne la grotta doveva viveva e la chiesa costruita in suo nome: le prime testimonianze apparirono nella provincia di Dobrogea, dove nella basilica di Niculitel furono scoperte le reliquie di quattro santi martiri cristiani del IV secolo d.C.
Seguirono all'Impero Romano invasioni di altre etnie slave, barbare e bizantine che malgrado violenze e distruzioni apportarono la loro influenza nella lingua e nell'arte; si pensi ai Goti e al loro Tesoro, oggi conservato nel Museo di Storia Nazionale di Bucarest. ma anche alle popolazioni slave che aggiunsero alla lingua r manza lo slavo ecclesiastico, che a lungo sarà usato come lingua liturgica e la scrittura (fino al XIX sec. sarà il cirillico) e ancora all'influenza bizantina che introdusse nella cultura la religione ortodossa.
Per un grande periodo dall'inizio del millennio fino al Trecento l'attuale Romania si ritrovò divisa in tre grandi voivodati (parola slava per indicare i principati): la Transilvania con il Banato segnati dalla conquista magiara e dalla colonizzazione sassone, la Moldavia e la Valacchia entrambe rette da dinastie romene e protagoniste di dure lotte contro il potere ottomano soprattutto per opera dei principi Mircea il Vecchio e Vlad Tepes in Valacchia e Stefano il Grande e Petru Rares in Moldavia. Monumenti religiosi unici come la chiesa del monastero Cozia, sulla valle del fiume Olt, edificata da Mircea il Vecchio e i monasteri della Bucovina sono esempi significativi di questo periodo. Benché reputato ingiustamente vampiro e tiranno, il principe Vlad Tepes (cioè l'impalatore) fu sempre per i romeni un simbolo di giustizia assoluta.
All'inizio del Seicento il principe Mihai Viteazul (Michele il Bravo) realizzò anche se per un breve periodo l'ambizioso disegno di dare indipendenza e unità ai tre voivodati. Ma nel Settecento l'assetto politico dell'Europa centro-orientale venne a modificarsi: la Transilvania e il Banato furono annesse all'Austria, mentre in Moldavia e Valacchia i cui troni erano occupati da esponenti della classe dirigente ottomana fu terreno di guerre russo-turche per il controllo del Mar Nero. Solo nell'Ottocento grazie all'ondata dei moti insurrezionali europei e al benestare di Napoleone III al congresso di Parigi i due Principati romeni, la Moldavia e la Valacchia, riuscirono finalmente ad unirsi in un solo stato sotto il nome di Romania, ad ottenere l'indipendenza dall'Impero Ottomano nel 1877 e a diventare una monarchia costituzionale nel 1881. Con la partecipazione alla prima guerra mondiale e il crollo dell'impero asburgico, i romeni della Transilvania, del Barato e della Bucovina proclamano l'annessione dando vita il 1° dicembre 1918 alla Grande Romania con capitale Bucarest. Dopo la seconda guerra mondiale seguì in Romania un periodo di 45 anni di regime comunista totalitario, Nel dicembre del 1989, in seguito alla caduta dei regimi comunisti, la Romania riprende il suo posto tra i Paesi europei. Fonte: Autorità Nazionale per il Turismo
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